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Pierina Levi: Una pittrice ebrea a Saracena

Pierina Levi: Una pittrice ebrea a Saracena

L’artista, tra le figure più interessanti del secolo scorso, soggiornò nel borgo del Pollino nei primi decenni del Novecento

di Caterina Padula

Si è svolto domenica 12 gennaio 2019, nella sala consiliare del Comune di Saracena, un interessante incontro dedicato alla figura di Pierina Levi, pittrice di origine ebraica che proprio qui visse per un periodo, durante gli anni di attività della Rueping. Al convegno, organizzato dalla Pro Loco ‘Sarucha’, ed introdotto dal vicesindaco Biagio Diana, hanno partecipato, tra gli altri, il professor Mimmo Sancineto, il docente di Storia presso l’Unical Vittorio Cappelli, ed il professor Vincenzo De Marco. Un video, con alcune delle opere che la Levi realizzò a Saracena, ha accompagnato l’intervento dei relatori, mentre il pubblico presente in sala ha potuto ammirare uno splendido Autoritratto (immagine in evidenza) dipinto nel medesimo periodo ed appartenente alla famiglia De Bernardi.  

E’ stato un momento di grande interesse culturale quello che la Pro Loco di Saracena ha voluto dedicare a Pierina Levi, pittrice di grande talento e delicatezza, considerata da molti tra le più interessanti dell’Avanguardia del Novecento. Nata a Bologna nel 1884 da una famiglia di origine ebraica, Pierina cresce e si forma artisticamente a Roma dove, grazie anche all’amicizia con le sorelle Annie e Liliah Nathan, figlie dell’allora sindaco della capitale Ernesto, entra in contatto con Giacomo Balla. Siamo nei primissimi anni del secolo scorso ed il pittore torinese, maestro futurista per eccellenza, ne diventa il principale punto di riferimento. Ad un occhio esperto, infatti, risultano tante le similitudini ed i tratti in comune tra la Levi ed il suo maestro: i colori quasi striati invece che compatti, le pennellate vivaci, l’uso della luce.

Dopo le prime esposizioni a Roma tra il 1912 ed il 1913, allo scoppio della Prima Guerra Mondiale Pierina assiste, come crocerossina, i soldati ricoverati all’Ospedale Militare della capitale: da questa esperienza, che la segna umanamente ed artisticamente, prende vita un volumetto contenente una serie di ritratti che gli stessi feriti le chiedono di fare. L’opera, datata 1918 (dal titolo Lettere di soldati alle loro infermiere che vanta, tra l’altro, la prefazione di Ada Negri), raccoglie tredici illustrazioni di soldati, ognuna delle quali accompagnata da una lettera.  

Riguardo al soggiorno della Levi a Saracena, invece, non sappiamo (ancora) molto: è certo che dopo aver sposato il marchese Lignola di Giffoni, trascorre col marito (azionario o forse tecnico della Rueping, la società che per diversi anni, dal 1910 in poi, svolse un’intensa attività boschiva nelle montagne del posto) un periodo nella zona di Zoccalia. La permanenza della pittrice è dimostrata da un documento ben preciso, un certificato di decesso datato 1925, in cui si attesta la nascita della figlioletta morta.

Ciò che è emerso dall’incontro, dunque, non è solo l’importanza della presenza, sebbene sottoforma di ‘meteora’, di un’artista di tale levatura come la Levi a Saracena, ma il fatto che proprio qui, in questi luoghi, abbia avuto modo di manifestare la sua arte. Diverse, infatti, sono le opere che ha realizzato in questo periodo – parliamo del secondo decennio del 1900, tra il ‘20 ed il ’30 circa –  ritraendo il paesaggio circostante, le attività lavorative, le montagne. Pare, inoltre, che l’esperienza fatta come crocerossina le sia servita per assistere la popolazione durante un’epidemia (non si sa bene di cosa, forse colera o spagnola) che afflisse Saracena in quegli anni. 

Con la chiusura della Rueping, intorno al 1930, Pierina ed il marito lasciano Saracena per trasferirsi a Giffoni, ma l’avvento delle Leggi Razziali, ed il dramma della deportazione e delle persecuzioni che afflissero la sua famiglia, la accompagnano per tutta la vita, portandola a morte prematura (proprio a Giffoni, tra la fine del ’41 e gli inizi del ’42) nonostante fosse scampata all’orrore dell’Olocausto. 

Sebbene per certi versi sia ancora sconosciuta, è certo che l’eredità di Pierina Levi e di altre artiste ebree che, come lei, riuscirono a cambiare il proprio status di minorità sociale – nel primo Novecento era difficile per le donne affermarsi professionalmente come ‘portatrici’ di cultura, figurarsi per le ebree – è senza dubbio di grande importanza: attraverso le sue opere, infatti, non solo ha dimostrato una certa indipendenza creativa, ma ha anche vivacizzato la vita artistica e culturale italiana di quegli anni.

‘Dimenticata’ per anni, Pierina Levi è stata riportata in auge solo nel 2014 grazie ad una mostra, a Roma, dal titolo Artiste del Novecento tra visione ed identità ebraica, ma la sua arte, delicata e raffinata, è stata‘svelata’ alla popolazione di Saracena grazie ad un’attenta ricerca della Pro Loco, ricerca che, è stato più volte ribadito, è tutt’altro che terminata.

 

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