Mons. Savino ai giornalisti calabresi: “Riscoprire forte impronta etica”

Mons. Savino ai giornalisti calabresi: “Riscoprire forte impronta etica”

Pubblichiamo il video servizio sul Giubileo dei Giornalisti svoltosi in Basilica Cattedrale a Cassano allo Ionio, domenica 24 gennaio 2016, in occasione della festa del patrono dei giornalisti, San Francesco di Sales e, a seguire, il messaggio che il Vescovo di Cassano, mons. Francesco Savino ha scritto per l’occasione, rivolto ai giornalisti calabresi, incontrati al mattino presso il Santuario di San Francesco da Paola in occasione dell’incontro organizzato dall’Ufficio regionale della Conferenza Episcopale Calabria, per le Comunicazioni Sociali, in collaborazione con l’Ordine regionale della Calabria dei giornalisti e la Federazione Nazionale della Stampa, della Calabria.

giornalistiGiubileo Giornalisti Calabresi

24 Gennaio 2016

Carissimi  giornalisti,

Un saluto fraterno e cordiale a tutti voi presenti in questo appuntamento che si rinnova ogni anno in occasione della festa di San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti.

In questo 2016, anno giubilare,  per la cinquantesima Giornata Mondiale per le Comunicazioni sociali, il Santo Padre ha intitolato il suo messaggio “Comunione e misericordia: un incontro fecondo”, richiamando l’attenzione degli operatori della comunicazione sociale sulla fecondità che nasce soltanto quando la comunione interseca la Misericordia.

Sappiamo  tutti che l’informazione-comunicazione è  un bene primario per le singole persone e per l’intera società. Tornano le parole del documento della Conferenza Episcopale Italiana del 29 giugno 2001,  ”Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia”. In esso si afferma che “la possibilità di comunicare in modo nuovo e diffuso è un bene di tutta l’umanità e come tale va promosso e tutelato. Ma quanto più potenti sono i mezzi di comunicazione tanto più deve essere forte la coscienza etica di chi in essi opera e di che ne usufruisce. E’ necessario pertanto che la comunicazione sociale non sia considerata solo in termini economici o di potere, ma resti e si sviluppi nel quadro dei beni di primaria importanza per il futuro dell’umanità”.

Mai come oggi la professione giornalistica ha bisogno di riscoprire una forte impronta etica. Le nuove tecnologie semplificano e favoriscono un’informazione sempre meno mediata, più diretta, a volte priva di verifiche sulle fonti, motivata dal desiderio di per essere i primi nella corsa a dare la “notizia”.

Siamo così immersi in un mondo inflazionato di “notizie” in cui la responsabilità non è più la regola. Ma occorre fermarsi e chiedersi se, oggi, un giornalista possa esimersi dal fare una scelta a favore della legalità.  Dato che sembra lecito “dire tutto”, è ammissibile anche dar voce a chi è contro la libertà dei cittadini, promuovendo una illegalità diffusa che favorisce pochi a discapito dei molti?

Può un giornalista, oggi,  esimersi da una scelta di campo a favore della salvaguardia ecologica nell’esclusivo interesse economico di qualcuno?

Può un giornalista, oggi, esimersi da una scelta di campo a favore della persona umana, contro gli interessi di un mercato che avvantaggia i ricchi, che sono sempre meno,  e determina poveri, che sono sempre più poveri?

Può un giornalista, oggi, scegliere di non essere, sempre ed in ogni caso, dalla parte della verità, fino alla parresìa, in un mondo ipercomunicativo dove dominano falsità o  solo mezze verità, che avviliscono la persona umana e la democrazia?

Sono necessarie ed urgenti nuove motivazioni etiche che riescano a dare  un nuovo senso al giornalismo di domani, in un’ottica di servizio alla persona e alla comunità del “villaggio globale”.

Giustizia e verità, competenza e responsabilità, legalità e libertà, sono alcune delle parole guida di cui oggi un giornalista non dovrebbe fare a meno, nell’interesse supremo di informare  a servizio del bene comune.

Nel convulso aggrovigliarsi del quotidiano, come operatori dell’informazione, voi tutti siete chiamati a riscoprire la vostra missione che consiste nell’essere sentinelle del bene comune, farvi voce di chi non ha voce,  raccontare le storie spesso nascoste e invisibili degli ultimi, ascoltandone il grido. Si direbbe, parafrasando l’incipit della Costituzione pastorale del Vaticano II sul mondo contemporaneo “Gaudium et spes”, che “le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei giornalisti, e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nei loro taccuini”.

Per questo è importante avere dei luoghi, dei momenti di riflessione, di discernimento per difendersi da rischi ricorrenti. La fretta, l’indifferenza, l’abitudine, l’assuefazione alla banalità del male o alla futilità sono i nemici che vogliono rubare l’anima del vostro mestiere, della vostra professione che deve restare umana. Anche il giornalismo deve odorare di umanità.

Disinnescare queste armi letali e sconfiggere questi nemici è possibile se si mette in campo un quotidiano esercizio di virtù. Ne indico tre.

La prima è il silenzio. Non il mutismo, che è mortificazione della parola, censura della libertà di espressione, costrizione a tacere; il silenzio come  culla della parola più autentica. I media più moderni, che soprattutto per i più giovani sono ormai irrinunciabili, possono ostacolare la comunicazione  se diventano un mezzo per sottrarsi all’ascolto, per isolarsi dalla compresenza fisica, con la saturazione di ogni momento di silenzio e attesa disimparando che “il silenzio è parte integrante della comunicazione” (Benedetto XVI, Messaggio per la 46° Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali del  24.1.2012). Possono, invece, favorirla  se aiutano a raccontare e condividere, a restare in contatto con i lontani, a rendere, sempre di nuovo, possibile l’incontro.

La seconda virtù è lo stupore. Lo stupore è una caratteristica tipica della psicologia infantile. I bambini riescono a percepire la verità più rapidamente.  Ecco perché Gesù dice che se non si diventa come bambini non si può entrare nel Regno dei Cieli. Tutti i santi hanno saputo mantenere la capacità di stupirsi e meravigliarsi dinanzi al mistero del reale, pur tra le tante difficoltà e tentazioni della vita.  L’incapacità di stupirsi è, purtroppo, proprio dell’uomo contemporaneo. Per conservare lo stupore, bisogna continuamente farsi “piccoli”,  fare esercizio continuo di umiltà.

La terza virtù è la profezia e cioè la capacità di indignarci davanti al male, alla violenza, all’ingiustizia, al sopruso. “Per amore del mio popolo non tacerò” dice Isaia. E non sembri azzardato o presuntuoso accostare la figura dei profeti a quella dei giornalisti. Abbiamo un’idea sbagliata della parola “profeti”. Pensiamo che siano degli indovini capaci di prevedere il futuro. In realtà la parola profeta deriva dal greco “pro-femì” cioè parlare per qualcuno, per nome e in conto di qualcuno. I giornalisti parlano, devono parlare in nome e per conto degli uomini e delle donne del loro tempo, raccontando le loro storie, gridando amare verità ai sordi detentori del potere.

Ci sono nuovi poteri che ci opprimono: la paura, la solitudine dell’uomo globale, l’indifferenza, la nascita, dopo il tramonto delle ideologie, di nuovi e più pericolosi fondamentalismi, ad iniziare da quelli religiosi che ci interpellano fortemente.

Nasce da qui una forte esigenza per un’autentica cultura del dialogo e in questo grande è la responsabilità del giornalismo. L’informazione, fino a ieri correlata alla conoscenza degli eventi, al loro semplice manifestarsi, oggi è responsabile del loro manifestarsi e del loro evolversi. E il riferimento non è solo e non è tanto alla manipolazione della verità, ma al problema della trasformazione della realtà come effetto dei mezzi usati. I social network hanno intercettato la  paura delle relazioni interpersonali dirette ed hanno fondato il loro successo sul superamento di questa paura creando relazioni che risultano estremamente fragili.

“La comunicazione – dice ancora Papa Francesco nel suo Messaggio – ha il potere di creare ponti, di favorire l’incontro e l’inclusione, arricchendo così la società. Com’è bello vedere persone impegnate a scegliere con cura parole e gesti per superare le incomprensioni, guarire la memoria ferita e costruire pace e armonia. Le parole possono gettare ponti tra le persone, le famiglie, i gruppi sociali, i popoli. E questo sia nell’ambiente fisico sia in quello digitale”.

Ecco dunque, l’augurio più sincero che, come Pastore di questa terra di Calabria, posso rivolgervi, cari amici e fratelli: è anche un impegno più responsabile  davanti alla nostra gente.

Che vi facciate strumento di incontro fecondo tra comunicazione e misericordia. “Siate – dice Papa Francesco – operatori audaci, positivi e creativi, offrite vere soluzioni ad antichi conflitti e opportunità di realizzare una pace duratura. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio”

Auguri allora. Buon lavoro e buon cammino!

+ Don Francesco Savino

 

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